LA LETTERINA
Roberta [nome di fantasia diffusissimo tra le ragazze di Non è la Rai] ha iniziato un fitto scambio di messaggi via Instagram con un ragazzo dopo aver commentato un suo contenuto.
Il teatro di questo flusso è importante: non si tratta di una dating app quindi le aspettative di Roberta erano innocenti e non bellicose. Come spesso accade quando si hanno basse pretese, la vita la stupisce: costui non è propriamente avvenente, ma è simpatico e brillante, ha un lavoro e una vita interessante, molti punti li accomunano. È anche assiduo nel risponderle e cercarla: dal suo profilo social Roberta non riesce a desumere se questo ragazzo abbia una relazione né osa chiederglielo, ma questa informazione salta fuori quasi casualmente, da una domanda non così diretta.
Roberta si sente in un paradosso: il tono della conversazione non è mai giunta al punto da giustificare la domanda sei fidanzato?, ma d’altro canto l’assiduità delle conversazioni non lasciava intendere una situazione sentimentale già blindata. Teoricamente non ha ragioni per interrompere questo scambio di messaggi e o per essere dispiaciuta, non ha motivo di sentirsi delusa o raggirata, ma all’atto pratico si sente così.
Chi ha ragione? Chi ha torto? Chi dovrebbe sentirsi come? Come fare in modo che non accada più? Deve uscirne?
LA RISPOSTINA
Cara Roberta, uno dei regali che mi ha fatto la psicoterapia è la capacità di interpretare i segnali, o la loro assenza. Però mi ripeto spesso che questo lavoro di interpretazione va fatto quando i singoli segnali possono essere messi in relazione e uniti come puntini de La Pista Cifrata: tu sei stata bravissima in questo gioco, insomma sei più consapevole di 2/3 delle persone che conosco. Però mi soffermerei su alcune parole chiave.
ASSIDUITÀ. Il concetto di assiduità, quando parliamo di conversazioni digitali, vale poco. Il fatto che una persona passi del tempo a chattare con un’altra ci dice poco delle sue intenzioni e del suo status sentimentale: ci rivela principalmente che
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