🎵 SONO SOLO CANZONETTE 🎵
Se vuoi ascoltare una playlist durante la lettura, clicca sul pulsante blu. Due canzoni scelte totalmente a caso, però belle: segnalo la voce fantastica di Frida Hyvönen, che probabilmente è una grande paroliera ma di solito canta in svedese quindi fatico a rendermene conto. Questo pezzo è in inglese, però.
TOM LAKE
Ho finito di leggere Tom Lake di Ann Patchett edito da Ponte Alle Grazie. Sotto trovate una opinione più ragionata, ma per ora usiamo questo romanzo come materiale di autoanalisi.
TRAMA SPOILERFREE
Durante la pandemia, i Nelson trascorrono l’isolamento nella loro azienda agricola. Lara -un tempo promettente attrice- approfitta delle lunghe giornate primaverili per raccontare alle 3 figlie ormai ventenni gli esordi della sua carriera e la storia d’amore vissuta col fascinoso Peter Duke nell’estate in cui entrambi lavoravano per la compagnia teatrale “Tom Lake”. La protagonista abbandona una vita luccicante per avviare una famiglia tradizionale con un affidabile coltivatore di ciliegie: dopo più di vent’anni, è ancora spudoratamente felice della sua scelta e ne rivendica la bontà dinanzi alle figlie (a loro volta piuttosto sconcertate da questa decisione, nonostante ne siano il frutto più evidente.)
LE MIE DISSONANZE
“Tom Lake” mi ha riportato ad alcune dissonanze mai superate. Quantə, come me, si sentono ordinariə e sfigatə rispetto alle versioni di sé che avrebbero potuto essere? Premetto che tuttə sovrastimiamo il nostro potenziale perduto: io, ad esempio non ho mai posseduto un talento speciale che lasciasse preludere a chissà quale futuro né mi vengono in mente delle sliding doors che hanno segnato il corso della mia esistenza. Nessun dramma, botta di culo o incontro fortuito che mi ha rivoluzionato la vita: sicuramente non mi è stato inculcato un grande senso del possibile, ma non posso dire di essere un fascio di rimpianti. Ma allora la nostalgia per la me mai conosciuta e lo sguardo impietoso con cui mi giudico la mia condizione come si giustificano?
Deriva da un sistema di pensiero vischioso e stereotipato, nel quale mi muovo e dal quale non riesco a emanciparmi. Il successo è come un indice di borsa, determinato da un mix di fattori: lo status professionale, il valore economico o simbolico che sei in grado di generare. Questo indice fluttua in funzione dello sguardo che gli riserva la società: nell’Italia del 2024 la vita lavorativa e relazionale fuori casa è naturalmente più proiettata al successo e al riconoscimento rispetto a quella domestica. In altre parole, il mio ruolo di madre può essere un grande successo -sono felice e nel posto in cui voglio stare- e generare molto valore -un clima di cura, benessere e amore- ma la società continuerà a farmi pesare la banalità o l’irrilevanza di quanto ho costruito rispetto a un’azienda o un progetto artistico ad alta visibilità. La nostra società considera la genitorialità come una voce della to-do list, come la laurea o il matrimonio: non spuntarla può essere un un problema, ma non è un traguardo cui anelare né un terreno sul quale si misura il successo.
Ci vuole un’enorme autostima per continuare a credere nella bellezza di una famiglia -o banalmente per rivendicarne l’utilità sociale in un Paese che non considera affar proprio la felicita delle delle persone piccole- e io questa confidence spesso non ce l’ho.
A tratti -nonostante il privilegio e l’amore in cui sono avvolta- mi sembra che la mia vita sia grigia e prosaica, fatta di levatacce e tabelline, costellata di carote da affettare e panni da piegare. Ci sono giorni in cui riverso così tante energie nel progetto-famiglia che mi sento un cavallo bolso, un runner zavorrato: magari sono solo le 10, è domenica, c’è il sole e mi chiedo se solo fossi padrona del mio corpo e del mio tempo cosa starei facendo in questo momento.
Niente di che, ecco cosa starei facendo.
Forse sarei più riposata e con meno occhiaie, ma non avrei certo cambiato il mondo. Non è la condizione di genitore, non è l’avere una famiglia che mi allontana dai miei sogni. Quando non avevo un bambino avevo più energie, ma le sprecavo facendo lavori che non amavo o per fare tardi. Avevo poca pazienza e spirito di osservazione, decisamente meno idee e sicuramente minor audacia per concretizzarle; non godevo a fondo della solitudine e delle opportunità sociali (perché avevo troppo di entrambe, credo) e soprattutto facevo continui ragionamenti di tipo costo-beneficio che, in un’ottica relazionale, semplicemente non hanno senso. Quando ho pensato di creare una famiglia non ho perso, lasciato andare né scambiato niente: ho fatto l’unica cosa possibile, cioè quella che mi rendeva felice in quel momento.
RECENSIONE NON TROPPO SERIOSA
Il ritmo narrativo di Tom Lake è lento rispetto alla media dei romanzi in circolazione: la vicenda narrata è relativamente breve, ma la dovizia di particolari e i frequenti balzi temporali la diluiscono e la frammentano. Ma è successa una magia: anche la persona più impaziente del creato (io) sta zitta e si adegua a questo ritmo narrativo à la Papà Castoro raccontaci una storia.
La seconda magia di Ann Patchett è farmi innamorare del lago Michigan: io ricordo un Thanksgiving a Chicago in cui mi si congelò il moccio nel naso per la combo vento+neve, ma dopo aver letto questo libro vorrei andare in vacanza a Tom Lake (praticamente un villaggio turistico lacustre con i bungalow in legno à la Dirty Dancing) con annessa gita alla fattoria dei Nelson piena di ciliegi in fiore.
Il limite di “Tom Lake”, che rimane comunque un romanzo delizioso, è una certa assenza di antagonismo, di attrito diciamo: la compattezza della famiglia Nelson commuove ma in nome della verosimiglianza avrei previsto dei rapporti intrafamiliari un po’ più friccicarelli. Leggetelo, è la cosa più simile alla primavera che ho avuto quest’anno 🌸
DA INSTAGRAM
Sto cercando di fare più reel e mi sto anche divertendo: commenti, condivisioni, likes e dislikes comunque fanno sempre piacere.
Troviamo mix&match di outfit, ancora outfit, la colazione dei campioni, un sogno, una lezione e soprattutto un utile reminder.
DAL BLOG
Il posto dell’errore è uno sgabuzzino nel retrocervello dove affastello le imprese che ho abbandonato al grido di mi sa che mi ero sbagliata. Questo articolo racconta dove sono finiti il ciclo di eventi “Hey tu!” e la garage sale “Bite Market”. Così smettono di chiedermelo.
Progetti editoriali
Un altro modo di mostrare apprezzamento per il mio lavoro è fruire dei prodotti editoriali che ho pubblicato e da cui ricavo alcune royalties.
🎧 Podcast “Genitori Onesti”
🎧 Audiolibro “Se tu lo vuoi”
📗 Manuale “From the blog”
La prossima newsletter free torna a luglio-col-bene-che-ti-voglio. Se sei abbonatə, invece, ci si legge martedì!
Valeria
In tutti i luoghi e tutti i laghi
Vorrei essere un tipo misterioso, conturbante e sfuggente, ma la verità è che mi trovi in 3 secondi e ovunque.
Sito - Instagram - Facebook - Twitter - LinkedIn - Telegram
Illustrazioni e progetto grafico di Faida Acquifera