MANGIARE PER VIVERE, VIVERE PER MANGIARE
Mia cugina che vive a Finale Ligure una volta mi disse che a lei non interessava mangiare. Mangiava perché come tutti doveva tenersi in piedi, ma le andava benissimo consumare pasti brevi e mandare giù cibi banali, e le sembrava che quello attorno al nutrirsi fosse un hype ingiustificato. Intuibilmente, questa mia cugina è piuttosto magra ma, che io sappia, non ha mai sofferto di DCA.
Mi sono resa conto che anche io, a mia volta, sono spesso infastidita dall’abbondanza di cibo alla quale sono esposti i miei occhi e i miei sensi in generale, dall’importanza che tuttə attribuiamo all’atto del mangiare o del fare da mangiare, al valore morale che spesso viene associato al saper cucinare o all’alimentarsi bene.
Ogni settimana dedico all’acquisto, alla preparazione e conservazione del cibo uno slot di qualche ora: i pasti consumati in casa mia devono obbedire a indicazioni nutrizionali che lasciano poco spazio all’improvvisazione, e posso solo sopperire alla creatività con la pianificazione, con la concentrazione, col lavoro intellettuale.
A volte pure io contribuisco alla grande conversazione sul
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