LA PESSIMA FEMMINISTA CHE SONO
In due aree mi sento una pessima femminista. La prima è la sospensione del giudizio nei confronti delle altre donne, cioè il fatto che non so (ancora) calmare il mio occhio critico dinanzi a comportamenti dissonanti rispetto ai miei standard o valori: e siccome ho sia molti standard che molti valori -probabilmente anche molte fisime- questo accade spesso. A titolo di esempio, in piè di pagina c’è una bella lista di fattori che allertano la mia polizia interiore. Però ho imparato a tacere, cioè tenere questo giudizio per me anziché sbrodolarlo sull’interessatə o farne oggetto di pettegolezzo conversazione con la mia cerchia. La tentazione è sempre forte, ma mi sento più solida di un tempo.
La seconda vera area di debolezza, quella in cui rivelo il brodo primordiale e patriarcale in cui fluttuo da quasi 42 anni è la bellezza. Ho capito molte cose di me osservando come mi dibatto mentre delle forze mi tirano da parti opposte: ricorro a una immagine splatter, quella dello squartamento di Sant’Ippolito, il cui corpo viene tirato da 4 cavalli ognuno dei quali è attaccato a un arto.
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