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La sindrome di Fioretta - ripetersi e riciclare è normale?

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C'è chi riscaldando lo stesso brodo finisce nella dozzina dello Strega, vedi tu

apr 22, 2025
∙ A pagamento
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La sindrome di Fioretta - ripetersi e riciclare è normale?
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Criticare glə scrittorə: facciamolo.

In questa newsletter criticherò l’operato di alcunə scrittorə. Non è una cosa che faccio spesso1 perché tendo a esprimermi sulle opere e non su chi le ha scritte. Ho riflettuto però sul fatto che, anche se spendessi terribili parole, non nuocerò loro in alcun modo. Esiste tra me e questə autorə una enorme sproporzione in termini di visibilità, fama e influenza: la mia newsletter non rappresenta certo una minaccia al loro successo, le loro royalties non subiranno il benché minimo decremento.

Al contrario, in assenza di esempi concreti, il mio discorso avrebbe perso fondatezza e solidità: mi sarebbe dispiaciuto, perché l’argomento dell’originalità mi sta molto a cuore.

Da una parte: sentirsi a casa

Esiste un confine sottile e facilmente calpestabile tra possedere una cifra stilistica solida e restare sempre uguali a noi stessə, tra affidarsi ad alcuni temi ricorrenti e rincicciare sempre i soliti concetti2. Da una parte di questo confine, c’è la (bellissima) sensazione di sentirsi a casa: quella che provi quando, ad anni di distanza, esce il libro di unə autorə che ami e ci ritrovi il suo tocco inconfondibile. Un esempio è Kazuo Ishiguro, che resta riconoscibile pur spostandosi con disinvoltura dal romanzo storico alla distopia. Anche quando unə scrittorə si muove all’interno dello stesso genere, ha comunque la possibilità di esplorarlo in ampiezza e profondità: è il caso di Stephen King, che conosco superficialmente giacché ho paura anche della mia ombra, ma che mantiene sempre intatto il suo sguardo sul mondo, il suo colore di fondo. Questo vale anche per la musica: penso ad esempio a Jovanotti e Cesare Cremonini, due artisti che riescono a restare se stessi nel cambiamento.

Ci sono poi le tematiche care: Paolo Cognetti e la montagna, Simonetta Agnello Hornby e la Sicilia, Sveva Casati Modignani e le nobildonne decadute. Le opere e le trame cambiano, ma il filo rosso c’è: si vede, ma ha senso per coloro che amano sentirsi a casa (ho citato volutamente nomi di scrittori e cantanti che a me piacciono il giusto: insomma, ci siamo capitə, l’obiettivo non è avvalorare i miei gusti).

Dall’altra parte: il deja-vu

Dall’altra parte del confine, c’è il deja-vu. A volte è uno straniamento delicato, quasi una carezza sulla coscienza: altre volte è una sensazione forte, che allerta. Il confine tra sentirsi a casa e deja-vu è labile: ognuno stabilisce il proprio in base alla sensibilità individuale e la mia, devo dirlo, è molto forte.

Valeria Fioretta si ricorda tutto, e non provarci nemmeno a fregarla, stupirla o farla ridere con una barzelletta che ha già sentito, ok?

La mia memoria è tutt’altro che enciclopedica: non ricordo tutto ciò che ho studiato, dimentico regolarmente indirizzi, fatti storici, appuntamenti. Non sono in grado di recitare la trama, di dire i nomi degli autori o dei protagonisti di tutti i romanzi nella mia libreria, o dei moltissimi articoli in cui mi imbatto quotidianamente. Ma se un giorno qualsiasi di novembre 2017 ho letto qualcosa (un libro, un articolo, un blogpost) che mi ha colpito, è rimasta nel mio cervello una traccia fossile: basterà grattare un attimo e verrà fuori.

A maggior ragione se si tratta di un contenuto dotato di personalità o fortemente caratterizzato -per tono, stile, argomento, conclusioni o un mix delle precedenti- è veramente molto difficile che lo rimuova dalla memoria.

Non mi è mai capitato di ricominciare a frequentare un ex per non ascoltare cose già sentite, figurati se rileggo accidentalmente un libro.

La reiterazione, in alcuni casi, ha senso

Ha senso se parliamo di contenuti persuasivi, come i sermoni religiosi o la pubblicità: ripetendo lo stesso messaggio si aumentano le chance che ə destinatarə lo ricevano proprio mentre la loro soglia di attenzione è sufficiente a registrarlo.

Come lə maestrə della scuola dell’obbligo sanno benissimo, anche l’educazione è in parte fondata sul principio di reiterazione: un concetto complesso, per essere recepito nella sua totalità, deve essere veicolato numerose volte e possibilmente declinato in linguaggi differenti.

Se parliamo di comunicazione, esiste una vera e propria arte del riciclaggio intelligente che si chiama repurposing: io ci ho scritto un manuale nel 20203 quando ancora non si chiamava così. Questa attività consiste nel prendere un contenuto complesso (anche vecchio!) e ricavarne altri contenuti brevi, ad esempio sintetizzandolo o spezzettandolo, oppure ricavarne ulteriori contenuti complessi fruibili in altro modo, oppure trasformandolo in una guida o un freebie, o ancora trovando un modo diverso per distribuirlo ad altri pubblici. In questi casi riciclare è ok: non solo perché è utile e rafforza il messaggio, ma perché è (tendenzialmente) gratis.

Ma quando si paga?

Qualche settimana fa, ascoltando su Storytel l’ultimo romanzo di

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