Ci tenevo a ringraziare quantə si sono accertatə che il mio pezzo di famiglia paterna che vive in Romagna (nonché tutta la famiglia di Michele) fossero al sicuro. Sono statə tuttə fortunatissimə: hanno ancora una casa sulla testa. L’hanno già detto in moltə ma meglio ripetere: a meno che non vi troviate già nel cesenate con una pala in una mano e un secchio nell’altra, la cosa che possiamo fare è una sola.
“A quien le importa” è un brano storico del gruppo spagnolo Alaska y Dinarama. L’ho scelto perché mi sembra la canzone giusta per entrare nel Pride Month, anche se risale al 1986. “La strategia della tenzone”, da cui è tratto il verso che apre questa newsletter, è un vecchio brano dei Pinguini Tattici Nucleari: ipotizza che la fine del genere umano -e dell’amore prima di esso- arriverà in conseguenza di dinamiche relazionali logoranti. La newsletter di oggi è interamente destinata a convalidare questa tesi, e se avrò convinto anche solo una persona mi riterrò soddisfatta.
Tempo fa ho mostrato su Instagram alcune lettere d’amore ricevute alle medie: di tutte sono la destinataria, ma sono sicura che se qualcuno dei miei innamorati avesse conservato le mie risposte vi ritroverebbe lo stesso candore. Ne ho selezionate un altro paio, ancora più tenere e autentiche.
Non c’è un filo di desiderio di compiacere, nelle parole di questi ragazzini (“a volte anche dolce” lo dimostra: uno per compiacere direbbe “sei dolce come il miele”). C’è l’urgenza di dire, di comunicare come si sentono. Io dico: mutatis mutandis, facciamo come loro.
La mia esperienza di innamorata, ma anche di amica e osservatrice, mi ha insegnato che tutto ciò che è sotterfugio, retropensiero, o strategia della tenzone, per citare la playlist di oggi, è la cosa peggiore in cui possiamo imbatterci. Prima di tutto fa perdere tempo ed energie: prosciuga emotivamente e genera sfiducia o mancanza di autostima.
La non-chiarezza obnubila e rende incapaci di valutare in modo lucido le situazioni, di fare previsioni, di maturare aspettative. In sostanza, siamo abituatə a parlare senza intenzione, a scegliere parole senza significato, a sottintendere o attribuire significati nascosti: è un gigantesco gaslighting sentimentale, in cui lasciamo credere e crediamo ciò che vogliamo, rimanendo praticamente sempre delusə e con l’orribile sensazione di non capirci niente, di essere stupidə.
Non ho forse ragione?
Essere fuori dai giochi da parecchio tempo mi ha dato la possibilità di osservare dall’esterno le dinamiche tipiche degli approcci romantici contemporanei. Cercherò di non assumere un tono troppo vetero-paternalista, ma è una deriva terribile. In breve: ci si scrive per giorni senza dirsi nulla di rilevante, si posticipa all’infinito il momento dell’incontro, non si prende posizione né si dichiara la propria volontà.
È una dinamica di genere? Io dico di sì, ma non sono sono riuscita a trovare degli studi che lo confermino in maniera inequivocabile. Siccome è soprattutto ai maschi che viene rimproverata questa tendenza a tergiversare, descriverò il fenomeno restando nei panni che conosco meglio: quelli di una donna occidentale etero cis.
In sostanza, m’imbatto su Tinder in un tizio apparentemente interessante e ci parlo un po’: anziché rilevare la verità, cioè che è sfuggente e obliquo mentre io vorrei intraprendere una relazione autentica (anche solo sessuale, non parliamo di anelli al dito), cosa faccio? Lo assecondo cercando di assumere i suoi stessi comportamenti. Dopo un po’ lui sparisce e se va bene riappare tipo zombie il mese successivo, falso come Giuda. Se ti permetti di chiedere “dov’eri finito?”, affermerà che non c’è mai stato niente, che era un film che ti eri fatta tu, che hai le visioni (il famoso gaslighting di cui sopra). Se anche non si verifica un classico ghosting, questa interazione non ha nessuna delle caratteristiche delle relazioni proficue: non c’è un crescendo di profondità e confidenza, non si sviluppa fiducia e continuità, e -elemento molto lamentato- non c’è desiderio né scambio di liquidi.
Continuando a supporre che sia un dinamica prevalentemente maschile, ragazze e donne in quale modo contribuiscono al suo svolgimento? Dinanzi a una persona che attua un comportamento torbido ce n’è un’altra che da questo comportamento è affascinata o che -anche in modo inconscio o non verbale- lo convalida anziché disprezzarlo. Sia chiaro, non voglio colpevolizzare la vittima, di cui in alcune occasioni ho vestito i panni pure io, ma solo indicare la mia personale via d’uscita.
Prima di tutto, ammettiamo che la torbidezza ha stancato? Nel 99,9% dei casi questi soggetti ombrosi e complicati non sono James Bond né Marlon Brando: sono tipi comunissimi che occultano l’assenza di contenuto -e spesso l’insicurezza- dietro tendine che aprono solo ogni tanto, giusto per far intravedere e immaginare cosa ci potrebbe, chissà, forse, essere oltre. Quelle interessanti sono le persone complesse, non quelle inaccessibili: si può essere vastə, contenere moltitudini, e non essere obliqui. Si può essere obliqui, e non avere nulla da dire o da dare.
E sapete cos’altro ho osservato? I pochi rapporti che evolvono positivamente e si sottraggono a queste dinamiche, o escono dalla “stagnazione”, sono impostati sulla chiarezza. Io li ho visti e vissuti, quindi non sto parlando di unicorni.
Chiarezza è rivelare, usando pensieri+parole+opere+omissioni, cosa si è disposti a dare e dire, a manifestare interesse o assenza dello stesso, a mostrare apprezzamento o fare marcia indietro. Se non ricevo chiarezza, il primo modo per rompere questo loop è offrirla: chattare con te mi ha svoltato la serata? Lo dico. Ho comprato un libro dopo che me l’hai consigliato tu? Lo dico. C’è in sala un film che vorrei vedere con te? Lo dico. Ma anche: questa conversazione mi annoia o non apprezzo i tuoi toni? Lo dico. Non so stare in una relazione aperta né in un poliamore e tantomeno mi interessa? Lo dico, magari non come prima cosa, ma lo dico (omettere accuratamente dettagli importanti è, nella mia persona scala di valori, una forma gaslighting pericolosissima).
La mancanza di chiarezza non è cautela, non è istinto a proteggersi, non è timidezza: è un atto doloso. Analogamente, la chiarezza non è trasporto, non è accollarsi, non è pesantezza: è solo rivendicare il diritto a essere padronə di quella piccola, minuscola eppure vitale possibilità che abbiamo di determinare il corso degli eventi.
E il motivo per cui lo affermo con sicumera è che nella chiarezza mi sono rifugiata tutte le volte che non sapevo cosa fare, e ha funzionato. E come diceva quello là, se è andata bene a me, buona camicia a tutti.
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Grazie per essere arrivatə fin qui, ci vediamo a giugno e sì, le maledette scuole saranno già chiuse
Valeria
In tutti i luoghi e tutti i laghi
Vorrei essere un tipo misterioso, conturbante e sfuggente, ma la verità è che mi trovi in 3 secondi e ovunque.
Valeria, grazie. Parole chiarissime sull'importanza della chiarezza: è una bella matrioska di cristallo. La penso come te su tutto; non so se dipenda anche dall'età (mia, intendo), e da quella sottile e quasi sorniona percezione che non abbiamo poi tutto 'sto tempo per le tarantelle, ma più passano i giorni e più penso che i rapporti - non solo sentimentali, perché questo modo di fare si può applicare anche ad altri tipi di relazione - siano già sufficientemente complessi (in senso buono e non) per star lì a metterci sopra pure i sipari del teatro e i copioni di chissà quale mélo o strategia (sarà un caso che lo STRATEGISMO SENTIMENTALE decantato da Manuela Arcuri sia rimasto soltanto un meme? No, esatto). Aggiungo solo che per molti questo perder tempo proprio e altrui in modo doloso è "un gioco": il confine tra il gioco - che personalmente apprezzo pure - e l'essere torbidi in maniera inconcludente è molto sottile, e per molti/e questa è pure una bella scusa, <imprecazione>.
Concordo. La correttezza toglie anche i pretendenti molesti (a parte uno stalker che ebbi anni fa...).
L’essere corretti e apprezzare la correttezza permette di conoscere e farsi conoscere, un viaggio interminabile. Però almeno il viaggio ha le basi per portare a qualcosa di bello... anche il viaggio è importante e non solo la meta. Il bello che si raccoglie, anzi, lo si trova durante il percorso. Bisognerebbe avere solo viaggi, senza mete. Una pretesa inconciliabile in un mondo dove regna il consumismo e le prestazioni.