LA LETTERINA
Chiara [nome di fantasia che incidentalmente corrisponde a quello della sorella della mia giudice preferita di X-Factor 2024] è uscita anni fa da una relazione violenta durante la quale ha occasionalmente desiderato avere unə figliə. Da allora, nonostante tutto il lavoro fatto per prendersi cura di sé, continua a pensare che il regalo più bello che abbia fatto a questə figliə-mai-arrivatə fosse proprio non metterlə al mondo: sente quasi di averlə tutelatə non solo dalla sua esperienza di abuso, ma anche dalle molte altre brutture di un mondo sempre più marcio. Sotto sotto, continua a pensare che generare creature che non ce l’hanno chiesto sia un atto di egoismo.
Questa lettera è una domanda posta da una ragazza all’interno del mio gruppo Telegram: con il permesso delle partecipanti ho unito i contributi e i punti di vista per creare una risposta collettiva.
LA RISPOSTINA
Cara Chiara, se definiamo egoista chi agisce per un proprio tornaconto personale, credo che la genitorialità sia una delle scelte o condizioni con meno benefici. Hai mai sentito qualcunə1 dire che la qualità della sua vita è migliorata o anche solo rimasta inalterata dopo l’arrivo di unə bambinə? In generale, ə figlə sono un impegno full-time e improrogabile, che richiede tempo ed energie: la cura è fonte di logorio fisico e mentale. Il loro arrivo mette alla prova la coppia e le relazioni amicali pre-esistenti, obbligando a un faticoso apprendimento continuo fatto di tentativi ed errori che spesso minano l’autostima anziché rinforzarla. Ə figlə sono un’impresa senza garanzia di successo o possibilità di recesso. Non ultimo, costano un sacco di soldi.
Riprodursi può offrire una riprova della propria “conformità sociale”: un beneficio che però porta con sé anche una notevole quantità di riprovazione collettiva (odiamo i bambini, e quindi anche i genitori). Insomma, per il livello di considerazione di cui godono le famiglie in Italia, fare figlə mi sembra più un atto di altruismo se non decisamente di masochismo.
Una persona ha giustamente rilevato che, se intervistiamo le persone che hanno scelto di non avere figli, esse sapranno fornire ragioni solide; al contrario, i genitori sono praticamente incapaci di motivare la loro posizione o di raccontare il processo decisionale che li ha condotti a quel punto, e questo indipendentemente dalle loro capacità introspettive o dialettiche. Forse dobbiamo accettare che dietro alla continuità della specie ci sia anche una
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