🎵 SONO SOLO CANZONETTE 🎵
Un pezzo italiano e uno messicano, visto che oggi parliamo di Tina Modotti: fotografa, artista, attivista, friulana, latina, cittadina del mondo. Fino al 2 febbraio 2025 trovate la più completa mostra mai proposta in Italia sulla sua opera presso CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, che sostiene il numero di dicembre di questa newsletter.
CHI ERA COSTEI
Tina Modotti è stata una fotografa, ma a questo ruolo giunse dopo aver testato alcune carriere piuttosto eterogenee tra cui la sarta, l’attrice teatrale e di film muti di Hollywood. Visse poco in Italia, abbastanza in California e molto in Messico. Ebbe un marito, diversi amanti, tantissimi amicə. Con la sua estetica ha influenzato fotografi, artisti e registi1 conquistandone la fiducia e il rispetto. Fino all’ultimo giorno della sua -relativamente breve- vita, non era comunista così ✊🏼 ma comunista così ✊🏼✊🏼 (semicit.)
Come moltə, prima di visitare la mostra presso CAMERA (e soprattutto prima di leggere il ricchissimo catalogo che la accompagna) conoscevo solo parzialmente l’opera di Modotti: a colpirmi sono stati gli aspetti più etici del suo lavoro e il suo manifesto artistico-politico così, semplicemente, moderno.
FEMMINISTA
Il corpo è centrale, nella vita e nelle opere di Tina Modotti. Non solo per l’uso libero e anticonformista che fece del proprio, in quanto attrice, modella e attivista, ma per il rispetto e la cura riservata a quello altrui. L’essere umano, nella sua corporeità composta da membra, gesti e sguardi rivela funzioni, bisogni, relazioni: fotografare corpi femminili e poveri, nel Messico degli anni ‘20, equivale a documentarne l’esistenza, a riaffermare lo spazio che occupano, a ridare loro dignità.
Tra gli scatti più belli in mostra ci sono quelli che ritraggono le donne di Tehuantepec e la loro organizzazione di stampo matriarcale.
WOKE, PRIMA CHE SI DICESSE COSÌ
Per via del suo aspetto latineggiante, Hollywood riservò a Tina Modotti ruoli da giovane donna ispanica, rappresentazioni così parziali e stereotipate che oggi non esiteremmo a definire offensive. Un razzismo latente, uno sguardo rigido e pre-giudicante che Modotti riconobbe, proprio per la visione politica che stava maturando in quegli anni e dal quale si sarebbe tenuta a debita distanza.
Alcuni anni dopo, seguì il suo mentore2 Edward Weston in un viaggio negli Stati di Puebla e Oaxaca, per realizzare una serie di immagini per un saggio di antropologia3. Gli scatti di Modotti documentano la condizioni di vita della working class delle popolazioni indie: ne emerge un racconto sensibile e rispettoso della vita di comunità, privo di qualsiasi saviorismo bianco e del “gaze” occidentale (nella migliore delle ipotesi, una rivisitazione del mito del buon selvaggio che vedeva gli indigeni intenti a condurre una vita idilliaca nella natura incontaminata).
Le foto di Weston e di Modotti sono coeve e fanno parte del medesimo progetto etnografico, ma sembra che i due abbiano fatto viaggi diversi: lui monumenti e chiese, lei mani di lavoratori.
Una sezione della mostra presenta scatti fatti in occasione di quella spedizione e di altre che seguirono all’interno delle comunità rurali: un “immaginario” messicano che ispirò molti artisti e autori, non ultimo Ejzenštejn.
UNDERSTATEMENT
Accanto a una personalità sicuramente importante e una condotta libera da condizionamenti morali, Tina Modotti mantenne un profilo piuttosto basso. Non divenne mai ricca, restò vicina alla classe operaia dalla quale proveniva e che sosteneva: viaggiava in seconda classe, vestiva in modo semplice. Una scelta carica di significato politico: in occasione dell’unica e acclamata mostra personale che allestì nel 1929, le circa 60 fotografie -frutto di stampa ai sali d’argento, la più economica- erano prive di cornici e caratterizzate da formati diversi. L’orario stesso della mostra era stato adattato alla giornata lavorativa del popolo.
Possiamo leggere questa sobrietà come un intento di riportare al centro le sue “oneste fotografie”, scattate con l’intento di “fissare, registrare l’epoca presente”, senza quella “specie complesso di inferiorità” che secondo lei caratterizza la cattiva fotografia.
All’interno di CAMERA è possibile apprezzare una accurata ricostruzione dell’unica mostra personale di Tina Modotti: alcune fotografie scattate durante l’inaugurazione del ‘29 hanno consentito di identificare e riproporre fedelmente la disposizione originaria delle opere.
NETWORKING E COSMOPOLITISMO
Come la sua storia personale dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio, Tina Modotti era una persona poliedrica: visse in 8 Paesi parlando 5 lingue e si mosse in ambienti professionali molto diversi.
Strinse rapporti con un grande numero di intellettuali, messicani e non: ne apprezzò e influenzò l’operato, fornì e ricevette aiuto. Sovente si trattò di amicizie durature e non di relazioni meramente lavorative.
La mostra include una selezione di ritratti scattati da Tina Modotti al suo entourage di amici, conoscenti, colleghi.
Questa sua vocazione all’altro, la rivela per quello che è: una donna che visse intensamente il suo tempo e nel suo tempo, capace di costruire relazioni fertili e significative, una persona -artisticamente, politicamente, umanamente- generosa.
Buon dicembre, e buona mostra
ISPIRAZIONI COLLATERALI
Indubbiamente, alla fama di Tina Modotti (oltre ai ritratti in déshabillé scattati da Weston, ok) contribuì la sua amicizia con Frida Kahlo. Questo documentario del 1983, di Laura Mulvey and Peter Wollen intitolato “Frida Kahlo e Tina Modotti” racconta del loro legame artistico-politico.
Non è il film di Ejzenštejn sulla rivoluzione cui alludeva Battiato, ma Que Viva Mexico è in disponibile anch’esso su Youtube. Fa un po’ sorridere, per noi abituatə al documentario contemporaneo, però è un tentativo di far luce su stili di vita che a un sovietico dovevano sembrare ben oltre il concetto di esotico stesso. L’ispirazione arriva chiara e forte da “Idols behind Altars: The Story of the Mexican Spirit”, il libro dell’antropologa Anita Brenner che conteneva 70 scatti di Modotti e Weston.
CHI È CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia
CAMERA è uno centro espositivo di oltre 2000 mq che, attraverso mostre, incontri, attività educative e archivi lavora alla valorizzazione del patrimonio fotografico italiano e internazionale.
Tra le esposizioni più recenti, spiccano quelle dedicate a Margaret Bourke-White, Robert Capa, Gerda Taro, Dorothea Lange, André Kertész, Eve Arnold, Robert Doisneau, Martin Parr e Walter Niedermayr.
CAMERA si trova in via delle Rosine 18, nel cuore di Torino.
UN MESE DI CONTENUTI
📷 Instagram: ho testimoniato per AIRC la mia esperienza di caregiver, fatto uno showreel di outfit improbabili, illustrato la genesi del calendario dell’Avvento di Harry Potter e raccontato i benefici dei miei due mesi alcohol free. Per il resto, un po’ di contenuti vendita, che ho cercato -per quanto possibile- di rendere più profondi di una semplice autopromozione. La campagna Black Friday è andata bene: grazie 🧡
📩 Substack: ho paragonato amore e mercato, cercato di ripulire la nomea delle persone parsimoniose, ragionato sulle ragioni di fondo che ci portano a diventare genitori. Sempre a novembre ho inviato un numero della mia nuova newsletter “Lavoro Guadagno Pago Pretendo”: parla di soldi e finanza personale, devo dire che mi e vi piace molto. Ci si iscrive da questo link
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e compagno, ma questo è rilevante solo fino a un certo punto
“Idols behind Altars: The Story of the Mexican Spirit” di Anita Brenner